Carissimo Simenon, Mon cher Fellini
Edizioni Adelphi
Poco più di 100 pagine per restare affascinati (ancora di più) da due grandissimi artisti, che hanno senz’altro segnato il mondo del cinema e della letteratura del ‘900. Si viene immersi nel loro intimo, in un’amicizia che sembra essere d’altri tempi. Un carteggio che ha inizio nel 1960 e che dura fino al 1989. Lunghe conversazioni sulla loro arte e sulla loro vita.
Tutto ha inizio a
Cannes nel 1960 con la proiezione del La Dolce vita di Federico Fellini, ma questo si è saputo solo anni più tardi. Quella del Festival di Cannes del 1960 è stata per la storia del cinema un’edizione destinata a rimanere nella storia. In gara c’erano Bergman, Buñuel, Antonioni, Fellini. La Palma d’Oro viene assegnata a La Dolce vita. Un premio che porta dietro di sé molte polemiche. Il presidente della giuria che si batte per Fellini in maniera ostinata è Georges Simenon.
L’uomo delle parole e l’uomo delle immagini cominciano così, in una profonda amicizia, a scriversi lettere "In fin dei conti lei e io abbiamo sempre raccontato delle sconfitte. Tutti i romanzi di Simenon sono storie di sconfitte. E i film di Fellini? Che altro sono? [...] Quando si chiude un suo libro, anche se finisce male, e finisce quasi sempre male, ci si sente carichi di un’energia nuova". Scrivono nella propria madrelingua, cominciano col darsi del ‘lei’ per arrivare con molta semplicità al 'tu' e a parole come amico e fratello. Fellini scrive a macchina per la sua grafia illeggibile, lettere a volte brevi alle quali non sempre si risponde nell’immediato ma che esprimono tutta la sincerità e la stima di una vera amicizia. Fellini è prossimo all’uscita di Casanova, riceve l’Oscar per Amarcord e l’amico non perde occasione per congratularsi, per trascrivere in parole il suo affetto; Fellini vive Simenon come un punto di riferimento, come un compagno di lavoro, come un fratello artistico e per la vita, anche se ad un certo punto proprio Simenon che definisce Fellini come fratello, si scusa scrivendo che forse poco consono alla sua età avrebbe dovuto chiamarlo figlio. Simenon ha settantatré anni, ha scritto molti libri ma da anni non scrive più (dal 1972), si avverte a volte la sua stanchezza, a tratti invece la gioia di vivere, la sua profonda e rara sensibilità nel trattare temi sulla vita e sull’ arte. Confessa la sua timidezza fin da giovane, di quante volte abbia avuto la tentazione di smettere di scrivere ma di come poi abbia ritrovato in questa l’unica ragione di vivere per non sentirsi inutile e vuoto.
Cannes nel 1960 con la proiezione del La Dolce vita di Federico Fellini, ma questo si è saputo solo anni più tardi. Quella del Festival di Cannes del 1960 è stata per la storia del cinema un’edizione destinata a rimanere nella storia. In gara c’erano Bergman, Buñuel, Antonioni, Fellini. La Palma d’Oro viene assegnata a La Dolce vita. Un premio che porta dietro di sé molte polemiche. Il presidente della giuria che si batte per Fellini in maniera ostinata è Georges Simenon.
L’uomo delle parole e l’uomo delle immagini cominciano così, in una profonda amicizia, a scriversi lettere "In fin dei conti lei e io abbiamo sempre raccontato delle sconfitte. Tutti i romanzi di Simenon sono storie di sconfitte. E i film di Fellini? Che altro sono? [...] Quando si chiude un suo libro, anche se finisce male, e finisce quasi sempre male, ci si sente carichi di un’energia nuova". Scrivono nella propria madrelingua, cominciano col darsi del ‘lei’ per arrivare con molta semplicità al 'tu' e a parole come amico e fratello. Fellini scrive a macchina per la sua grafia illeggibile, lettere a volte brevi alle quali non sempre si risponde nell’immediato ma che esprimono tutta la sincerità e la stima di una vera amicizia. Fellini è prossimo all’uscita di Casanova, riceve l’Oscar per Amarcord e l’amico non perde occasione per congratularsi, per trascrivere in parole il suo affetto; Fellini vive Simenon come un punto di riferimento, come un compagno di lavoro, come un fratello artistico e per la vita, anche se ad un certo punto proprio Simenon che definisce Fellini come fratello, si scusa scrivendo che forse poco consono alla sua età avrebbe dovuto chiamarlo figlio. Simenon ha settantatré anni, ha scritto molti libri ma da anni non scrive più (dal 1972), si avverte a volte la sua stanchezza, a tratti invece la gioia di vivere, la sua profonda e rara sensibilità nel trattare temi sulla vita e sull’ arte. Confessa la sua timidezza fin da giovane, di quante volte abbia avuto la tentazione di smettere di scrivere ma di come poi abbia ritrovato in questa l’unica ragione di vivere per non sentirsi inutile e vuoto.
Si scambiano regali e saluti affettuosi alle rispettive mogli, Teresa e Giulietta (Masina, non solo moglie ma attrice straordinaria). La gioia di vedere tra la posta la lettera dell’amico, il sostenersi in momenti della vita e del lavoro poco lucidi e pieni di interrogativi , di ansie ed inquietudine; il dovere e la responsabilità nel fare arte e la difficoltà spesso non capita, ne pensata dalla gente, ma sentita e scritta in questo libro da entrambi "Eppure ci sarà sempre della brava gente convinta che i creatori facciano una vita eccitante o addirittura oziosa”.
Seguono in parallelo le loro vite e le loro opere; i continui viaggi tra le residenze di Simenon, le sue Dettature fino al libro che scriverà qualche anno prima di morire Memorie intime e i viaggi di lavoro di Fellini, i nuovi film, le critiche dei capolavori del regista; questo libro non solo esalta la figura di due artisti ma ne sottolinea lo splendido talento e umanità che trasuda in ogni lettera, in ogni pagina del libro. Ed insieme a loro sembra di ripercorrere e di essere non solo spettatori ma i destinatari delle lettere; per chi già conosce le loro opere è una sensazione molto bella poter scoprire gli stati d’animo quando le loro opere stanno per realizzarsi o sono nella fase del semplice pensiero, dell'idea oppure leggere lo scoprirsi della vita privata di uno scrittore così prolifero come è stato Simenon e così pieno di incertezze come Fellini. Momenti alti di pura arte, dove la vita non si mescola a quest’ultima ma ne diviene e ne è un tutt’uno. Il libro nel finale, riporta un’inedita e preziosa intervista di Fellini a Simenon. L’ultima lettera è del 1° luglio del 1989, Georges Simenon si spegne il 4 settembre dello stesso anno. Leggendo queste lettere si può davvero immaginare il dolore provato da Federico Fellini per la scomparsa non solo di un amico ma di un vero maestro, e un po’ ci si commuove per questo distacco, per questo addio arrivato per mano del normale scorrere del tempo...
Perché consigliamo questo libro? Perché è semplice e come ogni cosa semplice conserva una grandezza infinita di significati, di due uomini che come esploratori in terre sconosciute arrivano con il coraggio delle loro debolezze fino ai confini della vita, del mondo e della loro esistenza...
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