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THINKING AND WRITING...


PIOVE














Era mattino nella Valle del Giunco e come ogni mattino il colore del silenzio rivestiva gli alberi ai piedi della valle, l'erba riscaldava la fredda rugiada, il primo raggio di luce corteggiava i fiori.
Case goffe e colorate aprivano le loro bocche, ne uscivano allegre figure vestite di lino leggero; cominciava un nuovo giorno e come ogni giorno, dentro gli occhi di curiose casette si potevano intravedere pupille di merletti e pizzi d'ogni genere. Nelle nuove ore il ronzio degli insetti s'intonava, e docili cani scodinzolavano al primo passante in fondo al grande viale, dove il carroccio guidato dal Signor Mozzapane come di consueto andava a portare il grano al mulino nella valle accanto. Era un uomo robusto, con una grossa testa ricoperta da ciuffi bianchi di capelli sparpagliati qua e là, simili ai fiori di pesco che ormai lasciati i propri alberi cadono senza ordine sulla strada a primavera. Ciò che più destava immaginazione erano le sue mani, niente di simile si era mai visto: erano mani bellissime esili e lunghe con unghie rotonde e perfette. Come era mai possibile che un uomo così rude che si tinge del colore della terra anno dopo anno che riconoscerebbe le sue bestie dal loro odore anche se bendato, potesse avere mani così leggere e vergini bagnate dal sudore?! Per questo giravano storie fantastiche, si diceva che in realtà egli non fosse un contadino ma un mago galante  giunto in quella valle per portare la pioggia, si diceva che nella sua stalla erano state viste creature bellissime, con indosso vesti così generose da far intravedere forme di femmine perfette, ed ancora gli avevano visti danzare tutti insieme, lui e le creature, per poi sparire dentro ad una fessura nata per caso  nel muro di mattoni blu. Ebbene, quando il Signor Mozzapane s'accorgeva del bisbiglio dei ragazzini al suo passare, scendeva furioso dal carroccio e puntualmente gli rincorreva fino ad ansimare, per poi arrendersi a quel nascondino e riprendere la via verso il mulino. Questo si poteva vedere nella Valle del Giunco allo spuntare del giorno di un qualsiasi mattino.

Anche il piccolo Lù si divertiva a correre via dal Signor Mozzapane, stamani mattina però è un po' triste, accoccolato sulla panca di legno guarda fuori dall'occhio della sua casa viola, oggi è il  primo giorno di vacanza, molte sono le cose da fare, tutto appuntato accuratamente sul suo quaderno, poi un pensiero atterrò nella mente: il paese delle lumache...ma la colazione era pronta, ci avrebbe pensato più tardi.
'Ancora con questa storia delle lumache!' - lo interruppe Liletta - 'lo sai che non è possibile! - disse Caplòn - 'questa valle è considerata speciale proprio per questo, perché non ci piove mai! E ciò nonostante cambiano le stagioni, e cresce il grano e s'infiorano i prati a primavera' - '…e seccano le foglie!'- intervenne Liletta- 'Ormai dovresti averlo capito!' - 'Sarà!' - piagnucolò Lù- ' Dite che è speciale e allora perché di anno in anno non si vede mai arrivare nessuno, si fermano tutti al grande viale e quando le persone s'accorgono dove si trovano tornano indietro perfino cani e gatti! A me la valle sembra più sfortunata che speciale...'- 'Non dirlo neanche per scherzo!'- brontolò Liletta-'Mamma dice che è ovvio che succeda questo, le persone hanno paura di ciò che è diverso ecco perché la gente scappa! Possibile che sei così ingenuo e testardo!?'-' Sarà!'- pensò Lù-'...ma se è così non vedrò mai il paese delle lumache…', non disse nient'altro mentre Liletta e Caplòn lo spingevano, l'una tirandolo per il braccio e l'altro premendogli la schiena, erano soliti fare questo gioco, cercavano di far prendere velocità ad ognuno di loro a turno, per poi correre lungo la discesa, gli altri due dietro come la coda di un aquilone lungo la discesa, fino al fiume bianco.
Era stato il nonno di Lù a parlargli del paese delle lumache, lui l'aveva visto, il nonno intendo, ma Lù era così piccolo da non ricordare niente di quel racconto, se non di quel paese che spuntava fra gocciole d'acqua: il paese delle lumache. Pochi mesi prima aveva ritrovato nella cantina un oggetto strano, era di legno, tipo un bastone, come di quegli che si usano per andare a passeggiare nel bosco, che servono per difendersi dai serpenti aiutarsi nella salita, era però molto più liscio e addirittura lucido lucido quasi da riuscire a specchiarsi. Un bastone che somigliava però anche ad uno di quei chicchi che si trovano appoggiati fra i rami dell'albero di Natale a strisce rosse, al sapore di zucchero!…sì! Era proprio uguale! Ma non era a strisce e non era certo di zucchero, lo strano bastone era nascosto ed avvolto da una stoffa altrettanto strana, nera...e se si spingeva con le mani dopo averlo impugnato, la stoffa si gonfiava come la vela d'una nave, larga come una gonna. C' era qualcosa di curioso, si sentiva ancora odore di nuovo, come se non fosse stato mai utilizzato, domandò a sua madre che cosa fosse ed ella rispose -'E' un ombrello caro il mio Lù! Era di tuo nonno, lo riportò da uno dei suoi tanti viaggi..'- domandò Lu-' A che cosa serve?' - ' Caro...ma a ripararsi dalla pioggia! Dove l'hai trovato? Credevo d'averlo buttato via...', la  madre glielo strappò di mano ed uscì dalla stanza, Lù rimase immobile e s'accorse solo dopo che la bocca s'era trasformata in un sottile sorriso: suo nonno aveva visitato il paese delle lumache.'
Liletta e Caplòn lo risvegliarono da questo bel pensiero, era tardi e si doveva tornare a casa prima che la luna raggiungesse il punto più alto del cielo, queste erano le regole.

Come fare a riconoscere la pioggia se non la si è mai vista?
Lù aveva trovato una soluzione nelle note più acute del suo pianoforte, con l'indice batteva sui tasti ripetutamente e lì chiudendo gli occhi immaginava la sua pioggia...
'Lù! E' pronta la cena sbrigati!...', di nuovo il suo pensiero venne interrotto,
'Mamma, ma tu hai mai visto la pioggia?'-' Certo' -rispose la madre-' …è successo molto tempo fa, ma perché Lù? Ancora con questa storia della pioggia? Lo sai che la pioggia è pericolosa, fa diventar gobbi foglie e fiori e rovina la terra quando ne arriva troppa, invece nella nostra valle siamo noi a dare acqua alla terra grazie al fiume bianco; perché Lù? Perché il tuo pensiero è sempre nella pioggia? Che cosa ti manca?...non ti piace il sole, Lù?!...sai quanti bambini vorrebbero avere sempre il sole che gli riscalda giorno dopo giorno...', Lù pensò che il sole lo annoiava e che non riusciva più a capire se veramente era felice oppure no.

La notte lo trovò sereno, al mattino il paese della lumache e tutte quelle storie di pioggia erano lontane. Spostando il cuscino per rifare il letto Lù trovò un piccolo bottone verde, lo fissò a lungo senza capire, lo accolse fra le dita e teneramente più tardi se lo infilò in tasca: quel bottone aveva fatto cominciare bene la sua giornata.
Invece di restare seduto sulla sua panca di legno ad aspettare la colazione come ogni mattino, Lù preferì andare fuori nella piccola piazza a guardare il cielo, la madre lo richiamò in casa ma lui non potette fare a meno di stare fermo, immobile a guardare le nuvole che pian piano come guerrieri corazzati arrivavano dall'alta montagna del fiume bianco. Il sole lo abbagliava ma resistette fino a quando non poté fare a meno d'abbassare gli occhi. Quando guardò di nuovo verso il cielo, gli sembrò che il miracolo forse sarebbe potuto finalmente arrivare: con tutte le comete che erano morte per i suoi desideri, Lù sapeva che prima o poi quei sacrifici avrebbero dovuto significare qualcosa.
Mandrie di nubi grige come topi galopparono frettolosamente verso di lui fino a ricoprire quella perfezione di cielo che ormai detestava da  tempo, uccelli d'ogni razza e colore gridavano e come una follia disperata perdevano ordine e lucentezza. Gli alberi si piegarono su se stessi rannicchiati a proteggere le loro figlie, i rami spezzati per sempre, le foglie si dissero addio. Le bocche aperte della gente del paese inghiottivano terra smossa dal vento. Donne spettinate da sembrar spaventapasseri e cappelli colorati gli unici commedianti nell'aria. Pecore belanti e cani impauriti, pianti di bambini come ad imprecare. La forza degli uomini sporchi ben presto scomparve dietro a finestre chiuse e porte sbattute. Inutile il grido muto di sua madre dietro a quel preciso merletto negli occhi della casa viola: Lù era unico e solo nella piazza. Sentì una grossa lacrima grondare sul suo viso: non aveva paura: s'accorse che non stava piangendo. Una nuova lacrima e un' altra  ancora e poi dieci e poi mille lacrime dolci e i capelli erano diventati lisci come quando la madre lo immergeva nella vasca di schiuma, e non aveva mai indossato abiti così pesanti e così belli. Gli occhi chiusi a farsi domande, un pianoforte era la pioggia, adesso piangeva davvero insieme a lei.

Si racconta che la pioggia sbatté forte contro la Valle del Giunco per qualche ora, poi pian piano come arrivano i singhiozzi al finire di un pianto strozzato anche le nubi ripresero il loro colore e divennero più tenui, le lacrime si rilassarono e cominciò un piccolo e fitto pianto morbido come il cotone.
Lù riaprì gli occhi. Ogni abitante si risvegliò da quel breve letargo, fece capolino verso quell'aria nuova lentamente sconosciuta, aria che rassomiglia ad una turgida donna innamorata. Ogni abitante  impaurito alla fine uscì e si coprì la testa con la prima cosa che trovava: una vanga arrugginita, un vaso di fiori, un lenzuolo, addirittura un gatto che a sorpresa non sembrava esser stato mai così felice.
La pioggia  durò tutto il giorno ed anche il giorno dopo e quello dopo ancora. Gli abitanti tornarono all'aria aperta senza troppo parlare, stupiti dalla pioggia che sembrava aver donato la bellezza alla valle del Giunco.
Lù fu punito per non aver dato ascolto alla madre, in realtà  era ancora scioccata per la paura che il figlio le aveva fatto prendere disubbidendo così coscientemente ai suoi richiami, era questo che l'aveva terrorizzata, vedere suo figlio  a proprio agio in mezzo alla tempesta.
A Lù non importava molto uscire, era il primo ad aver incontrato la pioggia anche se sapeva di dover trovare il modo per incontrarsi in segreto con quella cascata di lacrime sottili.
Finalmente la madre gli diede il permesso ' Ad una condizione, però!' -le disse- ' Ecco, prendi l'ombrello di tuo nonno per coprirti, volevi usarlo? Finalmente hai l'occasione. Copriti dalla pioggia, se torni bagnato non uscirai di nuovo per molti giorni' -' Mamma!'- replicò Lù- ' Ma perché aver desiderato la pioggia, desiderare d'incontrarla se poi devo coprirmi? ' - 'Poche storie, niente ombrello, niente pioggia..', concluse la madre e porgendogli l'ombrello Lù non potette far altro che rassegnarsi a quel patto, poco generoso secondo lui.
Ed eccolo in mezzo al paese,  camminava lungo le vie, il passo deciso e fiero, era l'unico nella valle ad avere un ombrello e non era poi così scomodo.
Appena Liletta e Caplòn lo videro gli corsero incontro. A Liletta avevano cucito una sorta di tendone di pellicola trasparente tutt'intorno al corpo, più stretto in vita e largo al petto e ai fianchi, anche la testa era avvolta, sembrava una provvista di cibo sottovuoto per un intero esercito! Caplòn invece indossava uno di quei cappelli di dame antiche, un grosso cappello di velluto rosso, con una tesa talmente larga che, povero Caplòn, non poteva vedere dove andava se non fiutando la strada!- ' Hai visto !? - le disse gridando Liletta- ' E' colpa tua e di quei tuoi desideri di pioggia!' - 'Adesso tutta la gente verrà nella valle e saremo talmente tanti che dovremo fuggire e trovare un altro posto dove non piove mai ! Impossibile! '- 'Liletta calmati!'- esclamò Caplòn, ma Liletta proprio non poteva smettere d'urlare, forse l'abito la stava trasformando, certo è che Caplòn la dovette allontanare e Lù gli fu d'aiuto indietreggiando lento lento per poi sparire.
Lù si diresse verso la discesa che conduceva al fiume bianco ed ammirò la creazione della pioggia: rami sudati scioglievano gocciole color cristallo, i fiori le accoglievano nei loro profumati pistilli, tutto sembrava rinato. Intravide una lepre, beveva da un rigagnolo disegnato dalla terra, poi la lepre lesta lesta scappò. Lù decise che lì non l'avrebbe visto nessuno, chiuse l'ombrello -'Finalmente!',- pensò -'Inventerò una scusa a mia madre...', non gli importava delle conseguenze, niente poteva essere più importante che l'essere bagnato da quel miracolo. Cominciò a dondolare l'ombrello giocando all' allegro gentiluomo punzecchiando la terra fangosa, prima dolcemente  poi forte e sempre più forte fino a non rendersi conto d' averlo spezzato in due. Lo lasciò cadere tra le foglie.


Lo lasciò cadere tra le foglie quando, osservando bene la  terra, vide strade di madreperla tutt'intorno a lui, ' Che cos'era quella roba viscida?'...disgustato proseguì, lo sguardo basso. Improvvisamente il cuore diventò tamburo, davanti a lui lumache dai colori dell' autunno lente da sembrar quasi impaurite, gli passavano tutt'intorno. Si dice che Lù restò in ginocchio ad osservarle e che ad ognuna diede un nome. Raggi di sole colorarono la pioggia, le lumache si radunarono vicino ai castagni, sui piccoli riccioli del muschio, com'era fortunato! Fu il benvenuto.
Ma poi la pioggia cominciò a diventare nuovamente più aguzza sulla sua pelle, miriade di uncini sembrarono trapassarlo, i vestiti cominciarono a lacerarsi, i capelli  diventarono sottili fili trasparenti, la bocca dissetò la sua curiosità tutta in una volta ed il piccolo Lù pian piano si sciolse diventando goccia.
Fu da quel giorno che  nella valle del Giunco la pioggia divenne una benedizione, e nessuno più tentò di coprirsi quando cadeva per caso nei giorni.    



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